La casa è in silenzio
La casa è in silenzio
Ci sono avanzi di cibi dimenticati sul tavolo
La luce di un sole incenerito che entra,
a fatica attraverso le persiane semiaperte
Ci sono pentole da lavare in cucina
Possa ceneri sporchi nel salone,
e la mia ombra fatta pezzi sparpagliata negli angoli
e fra le mia mandibole strette
l’acre sapore del silenzio masticato
porte semiaperte
odori penetranti
e impregnate nelle maniglie
la mi voce consumata per la notte
insetti strani ballando a controluce
e la mia mente oscillando nel ricordo
lo sciabordio mai calmo della memoria
il mare blu della nostalgia
E la lontana realtà del soffitto della mia stanza
Che pende come un ricordo sulla mia testa
viernes, 23 de diciembre de 2011
domingo, 20 de noviembre de 2011
Il Linguaggio degli orologi
Svegliarci un giorno
E renderci conto
Che abbiamo imparato a comprendere,
Il linguaggio degli orologi.
E che il tic-tac dei sui aghi non è già,
uno sfilare di rumori informi nell’udito,
e il suo slittare impercettibile
uno scorrere via della vita fra le nostre mani.
Forse dobbiamo tutti
Studiare le lingue del tempo
Il vento soave che accompagna la lancetta
Quando sotto il vetro che copre l’orologio, slitta.
Svegliarsi un giorno
E rendersi conto,
che a dire il vero non ce niente che sia finito
che per chi conosce il linguaggio di un orologio
non esiste nell’inizio nella fine
che tutti i momenti convivono
come un collage di suoni nella mente
nell’anima
forse
dobbiamo già partire
verso nuovi orizzonti
lasciare indietro
bufere
foglie secche
tesori dimenticati negli abissi del mare
e respirare
quel suono metallico dell’orologio
che ci manda indietro al silenzio del tempo
all’eco della nostra voce persa nella memoria
E renderci conto
Che abbiamo imparato a comprendere,
Il linguaggio degli orologi.
E che il tic-tac dei sui aghi non è già,
uno sfilare di rumori informi nell’udito,
e il suo slittare impercettibile
uno scorrere via della vita fra le nostre mani.
Forse dobbiamo tutti
Studiare le lingue del tempo
Il vento soave che accompagna la lancetta
Quando sotto il vetro che copre l’orologio, slitta.
Svegliarsi un giorno
E rendersi conto,
che a dire il vero non ce niente che sia finito
che per chi conosce il linguaggio di un orologio
non esiste nell’inizio nella fine
che tutti i momenti convivono
come un collage di suoni nella mente
nell’anima
forse
dobbiamo già partire
verso nuovi orizzonti
lasciare indietro
bufere
foglie secche
tesori dimenticati negli abissi del mare
e respirare
quel suono metallico dell’orologio
che ci manda indietro al silenzio del tempo
all’eco della nostra voce persa nella memoria
domingo, 23 de octubre de 2011
Area e Acqua
Planiamo
Come pesci d'acqua
Planiamo
nella placida oceanica quiete dei cieli
Respiriamo mari
Nella nostra lunga traversata
Nuotiamo
Come rondini di cielo
Nuotiamo
nella vacuità eterea dei mari
Beviamo brandelli di nubi
Nella nostra lunga traversata
Scansiamo
Tornado di violente acque
Scansiamo
Mareggiate di infuriate nuvolosità
Celeste cielo
Nel calmo azzurro dei mari...
diluito
Azzurrata verde marea
Nell'immensità celeste del firmamento...
rovesciata
Colori del mondo
Confusi nel lungo viaggio
Nell'immensità e nel silenzio
Aria e acqua
Che nella loro lunga traversata
Si incontrano
Nella lunga infinita
Linea circolare dell'orizzonte
Come pesci d'acqua
Planiamo
nella placida oceanica quiete dei cieli
Respiriamo mari
Nella nostra lunga traversata
Nuotiamo
Come rondini di cielo
Nuotiamo
nella vacuità eterea dei mari
Beviamo brandelli di nubi
Nella nostra lunga traversata
Scansiamo
Tornado di violente acque
Scansiamo
Mareggiate di infuriate nuvolosità
Celeste cielo
Nel calmo azzurro dei mari...
diluito
Azzurrata verde marea
Nell'immensità celeste del firmamento...
rovesciata
Colori del mondo
Confusi nel lungo viaggio
Nell'immensità e nel silenzio
Aria e acqua
Che nella loro lunga traversata
Si incontrano
Nella lunga infinita
Linea circolare dell'orizzonte
viernes, 26 de agosto de 2011
Le pupile dell'asfalto
Le pupille dell’asfalto
Quante centinaia di bottiglie?
Mille, cento mila?
Quanti vicoli inondati di etilica baldoria?
Conobbe molto bene il cielo notturno di Santiago il nostro deambulare
Il nostro camminare moccioso di bottiglia di grappa in mano, di voci acquose che tessono a urli il canto che avrebbe sanato le nostre piaghe suppuranti di mondo
Rimangono ancora le nostre ombre
Rifugiate nel riflesso oscuro del marciapiede
Slittano in silenzio le nostre voci di quel lontano allora
dalla fessura di una strada rotta
La nostra birra di mattino presto
I nostri conati di vomito
Tutti i nostri visi dimenticati
Tutti i nostri amori morti sul nascere...
Respirano tutti la litania della nostra storia
Respirano tutti, attraverso i pori di cemento della città
Le nostre figure stagliate nella tremula luce dei negozi
La nostra corsa impazzita Senza staffe Di spalle alla follia
Non c'é riposo per gli esiliati della tavola
Per quelli che dimenticarono la colazione e lo spuntino
Addiritura il sapore dell’avocado
Mi ricordo mentre cerco il nostro riflesso sul marciapiede
Pisciando e bevendo allo stesso tempo
Sotterrato fra i cespugli all’alba
Noi
che viviamo il tempo senza tempo della notte
Non c'è passato presente né futuro
Per coloro che dimenticarono il silenzio nelle pupille
Le pupille dell’asfalto
L’oscurità
Quante centinaia di bottiglie?
Mille, cento mila?
Quanti vicoli inondati di etilica baldoria?
Conobbe molto bene il cielo notturno di Santiago il nostro deambulare
Il nostro camminare moccioso di bottiglia di grappa in mano, di voci acquose che tessono a urli il canto che avrebbe sanato le nostre piaghe suppuranti di mondo
Rimangono ancora le nostre ombre
Rifugiate nel riflesso oscuro del marciapiede
Slittano in silenzio le nostre voci di quel lontano allora
dalla fessura di una strada rotta
La nostra birra di mattino presto
I nostri conati di vomito
Tutti i nostri visi dimenticati
Tutti i nostri amori morti sul nascere...
Respirano tutti la litania della nostra storia
Respirano tutti, attraverso i pori di cemento della città
Le nostre figure stagliate nella tremula luce dei negozi
La nostra corsa impazzita Senza staffe Di spalle alla follia
Non c'é riposo per gli esiliati della tavola
Per quelli che dimenticarono la colazione e lo spuntino
Addiritura il sapore dell’avocado
Mi ricordo mentre cerco il nostro riflesso sul marciapiede
Pisciando e bevendo allo stesso tempo
Sotterrato fra i cespugli all’alba
Noi
che viviamo il tempo senza tempo della notte
Non c'è passato presente né futuro
Per coloro che dimenticarono il silenzio nelle pupille
Le pupille dell’asfalto
L’oscurità
domingo, 3 de julio de 2011
Confine, Volano già le ceneri
Confine
Un migliaio di cani randagi
Ululando al bordo del precipizio
L’intangibile confine che separa
Il profilo di cemento della città
Della cosmica dimensione della sera
E io in mezzo
Con una bottiglia di vino in mano
Provando a bussare alle porte del destino
E io in mezzo
A una sera piena di daghe,
che guardo morire al tempo
Un migliaio di timbri di ufficio
Che colpiscono. Uno dopo l’altro
Inspiegabili documenti su dimenticate scrivanie
L’intangibile confine che separa
Il viso di acciaio del presente,
della dimensione senza tempo della sera
E io in mezzo
Che mi precipito fra ululi
Per il precipizio senza fondo del delirio
De un tempo unto a lungo
Sulla superficie arida della sera
Un migliaio di passi frenetici
Perdendosi nell’abisso senza fonde dei marciapiedi
E io in mezzo
Alla sottile linea di fuoco
Infinita e circolare
Il breve confine che separa
L’infinita dimensione dell’insania,
dei corridoi senza senso della burocrazia
Un migliaio di versi
Di parole al cielo legate
Di ululi
Di stelle rinchiuse in bottiglie
Di colpi di vetro negli immateriali portali del tempo
L’impossibile confine che separa,
Il mio sguardo assorto nel silenzio,
del precipitare oscuro della città nelle mie vene
E io in mezzo
Alla infinita linea di fuoco
Che guardo morire al vento
Volano già le ceneri
Volano già le ceneri
Insieme all’ardore che divorai le nostre ali
Rimarranno indietro le lucciole e il fuoco
La indolenza e la crisalide
Lasceremmo nel davanzale dell’ere l’ardore delle lucciole
Aldilà del fuoco e la crisalide fino ai semi di questo fiume
La fine degli epitaffi nelle dune
Fino al punto a capo dei fiori
Il un miliardo di colori
In mezzo alla immensità del deserto
Un migliaio di cani randagi
Ululando al bordo del precipizio
L’intangibile confine che separa
Il profilo di cemento della città
Della cosmica dimensione della sera
E io in mezzo
Con una bottiglia di vino in mano
Provando a bussare alle porte del destino
E io in mezzo
A una sera piena di daghe,
che guardo morire al tempo
Un migliaio di timbri di ufficio
Che colpiscono. Uno dopo l’altro
Inspiegabili documenti su dimenticate scrivanie
L’intangibile confine che separa
Il viso di acciaio del presente,
della dimensione senza tempo della sera
E io in mezzo
Che mi precipito fra ululi
Per il precipizio senza fondo del delirio
De un tempo unto a lungo
Sulla superficie arida della sera
Un migliaio di passi frenetici
Perdendosi nell’abisso senza fonde dei marciapiedi
E io in mezzo
Alla sottile linea di fuoco
Infinita e circolare
Il breve confine che separa
L’infinita dimensione dell’insania,
dei corridoi senza senso della burocrazia
Un migliaio di versi
Di parole al cielo legate
Di ululi
Di stelle rinchiuse in bottiglie
Di colpi di vetro negli immateriali portali del tempo
L’impossibile confine che separa,
Il mio sguardo assorto nel silenzio,
del precipitare oscuro della città nelle mie vene
E io in mezzo
Alla infinita linea di fuoco
Che guardo morire al vento
Volano già le ceneri
Volano già le ceneri
Insieme all’ardore che divorai le nostre ali
(dighe o laghi nel fiume
seme o epitaffio)
seme o epitaffio)
Rimarranno indietro le lucciole e il fuoco
La indolenza e la crisalide
(punto immenso nel deserto
a capo o finale)
a capo o finale)
Lasceremmo nel davanzale dell’ere l’ardore delle lucciole
Aldilà del fuoco e la crisalide fino ai semi di questo fiume
La fine degli epitaffi nelle dune
Fino al punto a capo dei fiori
Il un miliardo di colori
In mezzo alla immensità del deserto
(e divorate le cenere
nella celeste profondità dei cieli)
nella celeste profondità dei cieli)
jueves, 9 de junio de 2011
Lasciare l'aria germgliare
Lasciare l’aria germogliare
Lasciamo germogliare l’aria
Lasciamo fiorire le sue spirali di brezza
Lasciamolo spargersi nell’infinito cielo degli occhi,
Il paradiso celeste dove riposeremo,
dell’insopportabile clamore dei macchinari
del fiume di acciaio fuso per i marciapiedi della città
E dei nostri passi, infuriati talvolta, titubanti talvolta,
E perduti, vagabondi, quasi sempre
Lasciamoci dunque mescere dalla corrente oscura
Diventiamo pesci nel fluire incerto dei giorni
Diventiamo passo, falcata amplia nel liquido camminare dei giorni
Non guardiamo, non pensiamo, non domandiamo,
nuotiamo, fluiamo, viviamo, nella parte più marina che troviamo nel nostro viaggio
Togliamo il laccio dal collo della corrente,
scateniamo maree di storia
attraverso i dedali infiniti del mondo
siamo, diventiamo
passaggio del fiume nel cemento,
uragani di corpi pieni di velocità
e salire, volare, con le ali dell’oblio,
lasciare indietro le rovine incenerite della città
e assalire il silenzio
prendere d’assalto le cave di marmo
picchiare con pugni pieni di vento
i fianchi di questa sponda che ci viaggia
E lasciamo germogliare l’aria
Lasciamoci trasportare dalla corrente
O trascinarci impavidi per l’acciaio e l’infinito grigio delle folle nella città
O eleviamoci meravigliati, in cieli di irresistibile bellezza
Perché siamo o volo immateriale
O pesce condotto alla sua foce
O passo accelerato, destinato ormai a cadere nel proprio abisso urbano:
la velocità, l’acquisto e la vendita dei nostri occhi divenuti merce,
la migliaia di miserie quotidiane della rutine nella città
Lasciamo l’aria germogliare
Denudiamoci delle umide pellicce dell’ombra
Lanciamo nei dirupi gli aspri tatti del grido
E apriamo i nostri occhi, al selvaggio colore di altre pupille
Prendiamo d’assalto il silenzio
le regioni spietate dell’incertezza
colpiamo con aria infuriata le pietrose radici dell’asfalto
e viviamo nel petalo disteso del nostro sogno
bruciando
nel fuoco immacolato di questi giorni
attraverso la terra fertile delle carezze dell’amore
del mare caustico del ricordo, il regno desolato della malinconia
lasciamo l’aria germogliare
tessiamo con fiamme viola,
le ali del nostro viaggio allucinante
tessiamo con semi della nostra fertile terra
i solchi di sabbia della nostra pelle
E lasciamo le rovine indietro
E abbandoniamo l’acciaio fuso
Le code, i clacson,
I marciapiedi e i cavi,
Dimenticati nel nostro più remoto angolo
E lasciamo l’aria germogliare
Il fuoco fiorire
I pesci nella loro acqua nuotare
La terra un giorno dopo l’altro nascere
Le foci stagliarsi al loro orizzonte
I passi camminare
E gli uomini e le donne che popolano questo mondo
tranquilli
nel miliardo di cammini e di fiumi della vita
viaggiare
Lasciamo germogliare l’aria
Lasciamo fiorire le sue spirali di brezza
Lasciamolo spargersi nell’infinito cielo degli occhi,
Il paradiso celeste dove riposeremo,
dell’insopportabile clamore dei macchinari
del fiume di acciaio fuso per i marciapiedi della città
E dei nostri passi, infuriati talvolta, titubanti talvolta,
E perduti, vagabondi, quasi sempre
Lasciamoci dunque mescere dalla corrente oscura
Diventiamo pesci nel fluire incerto dei giorni
Diventiamo passo, falcata amplia nel liquido camminare dei giorni
Non guardiamo, non pensiamo, non domandiamo,
nuotiamo, fluiamo, viviamo, nella parte più marina che troviamo nel nostro viaggio
Togliamo il laccio dal collo della corrente,
scateniamo maree di storia
attraverso i dedali infiniti del mondo
siamo, diventiamo
passaggio del fiume nel cemento,
uragani di corpi pieni di velocità
e salire, volare, con le ali dell’oblio,
lasciare indietro le rovine incenerite della città
e assalire il silenzio
prendere d’assalto le cave di marmo
picchiare con pugni pieni di vento
i fianchi di questa sponda che ci viaggia
E lasciamo germogliare l’aria
Lasciamoci trasportare dalla corrente
O trascinarci impavidi per l’acciaio e l’infinito grigio delle folle nella città
O eleviamoci meravigliati, in cieli di irresistibile bellezza
Perché siamo o volo immateriale
O pesce condotto alla sua foce
O passo accelerato, destinato ormai a cadere nel proprio abisso urbano:
la velocità, l’acquisto e la vendita dei nostri occhi divenuti merce,
la migliaia di miserie quotidiane della rutine nella città
Lasciamo l’aria germogliare
Denudiamoci delle umide pellicce dell’ombra
Lanciamo nei dirupi gli aspri tatti del grido
E apriamo i nostri occhi, al selvaggio colore di altre pupille
Prendiamo d’assalto il silenzio
le regioni spietate dell’incertezza
colpiamo con aria infuriata le pietrose radici dell’asfalto
e viviamo nel petalo disteso del nostro sogno
bruciando
nel fuoco immacolato di questi giorni
attraverso la terra fertile delle carezze dell’amore
del mare caustico del ricordo, il regno desolato della malinconia
lasciamo l’aria germogliare
tessiamo con fiamme viola,
le ali del nostro viaggio allucinante
tessiamo con semi della nostra fertile terra
i solchi di sabbia della nostra pelle
E lasciamo le rovine indietro
E abbandoniamo l’acciaio fuso
Le code, i clacson,
I marciapiedi e i cavi,
Dimenticati nel nostro più remoto angolo
E lasciamo l’aria germogliare
Il fuoco fiorire
I pesci nella loro acqua nuotare
La terra un giorno dopo l’altro nascere
Le foci stagliarsi al loro orizzonte
I passi camminare
E gli uomini e le donne che popolano questo mondo
tranquilli
nel miliardo di cammini e di fiumi della vita
viaggiare
miércoles, 25 de mayo de 2011
Labirinto d'acqua, Io sono qua, Appassiti colmano
Labirinto d’acqua
Labirinto d’acqua
Soave
Liquido
Ventre
Memoria
Futuro placenta
Perdersi nei liquidi muri
Bagnandomi le mani e i piedi
Loti
Licheni
Entrare nel mio labirinto d’acqua
Entrare con il sole nei miei occhi
Nudo
Lontano dalla moltitudine
Ricordo
Calore
Diafana
Luce
Infanzia
Liquido
Profumo
Labirinto d’acqua
Tenero irremissibile straniarsi
Io sono qua
Io sono qua
Sono l’albero senza radici
La foglia liberata
Che senza itinerario alcuno
Vola
Io sono qua
Sono la bussola senza ago
Il nord del mondo
Di tutto magnetismo
Spogliato
Io sono qua
Sono il vagabondo senza mondo
Il camino che senza bordi
Si stende e abbraccia
La circonferenza intera del globo
Ascoltami bene:
Io sono qua
Sono l’albero senza radici:
la muta radice della esistenza
sono il granito immortale:
il grido sgarrato della caverna
Io sono qua
Sono immobilità
Ombra che tintina nella quiete
Carcassa di tronco dimenticata
Nell’uscio d’oro del nuovo mondo
Appassiti colmano
Appassiti colmano
agonia presente
le piegature del cielo
Questi sospiri
mi porta dove la sua tormenta?
al baratro forse dirompente burrone
rottura improvvisa della pianura
la monotonia?
o alla palude sterile della noia
eterno presente
pelle cifrata nel tempo?
Labirinto d’acqua
Soave
Liquido
Ventre
Memoria
Futuro placenta
Perdersi nei liquidi muri
Bagnandomi le mani e i piedi
Loti
Licheni
Entrare nel mio labirinto d’acqua
Entrare con il sole nei miei occhi
Nudo
Lontano dalla moltitudine
Ricordo
Calore
Diafana
Luce
Infanzia
Liquido
Profumo
Labirinto d’acqua
Tenero irremissibile straniarsi
Io sono qua
Io sono qua
Sono l’albero senza radici
La foglia liberata
Che senza itinerario alcuno
Vola
Io sono qua
Sono la bussola senza ago
Il nord del mondo
Di tutto magnetismo
Spogliato
Io sono qua
Sono il vagabondo senza mondo
Il camino che senza bordi
Si stende e abbraccia
La circonferenza intera del globo
Ascoltami bene:
Io sono qua
Sono l’albero senza radici:
la muta radice della esistenza
sono il granito immortale:
il grido sgarrato della caverna
Io sono qua
Sono immobilità
Ombra che tintina nella quiete
Carcassa di tronco dimenticata
Nell’uscio d’oro del nuovo mondo
Appassiti colmano
Appassiti colmano
agonia presente
le piegature del cielo
Questi sospiri
mi porta dove la sua tormenta?
al baratro forse dirompente burrone
rottura improvvisa della pianura
la monotonia?
o alla palude sterile della noia
eterno presente
pelle cifrata nel tempo?
domingo, 15 de mayo de 2011
Trasmutazione Tascabile, Il Passero di Fuoco
Trasmutazione Tascabile
Porto mondi nelle mie tasche
Mondi ridotti foglie secche
Serpenti notturni diventati prime ore dell’alba
Porto pazzie nella mia bocca masticate
Pazzie diventate ghiaccio innominabile
Serpenti, fatti striscia eterea di cielo
Porto il mio mare di aromi
Mescolati nelle mie tasche
Porto una era intera di miracoli che si affollano nella mia bocca
aspettando che l’ombra si consumi nelle zanne del serpente
che gli aromi diventino mondo e il ghiaccio foglia secca e la foglia
verde
cielo
giorno
Il Passero di Fuoco
Ed ero io chi speso dicevo
Di conoscere già le fauci della bestia
La feroce faccia del tedio
Persino il vuoto e il viso di acciaio del nulla
Ma danza macabra a volte la realtà,
Assieme al passero di fuoco:
Incendi ceneri
Fiamme macerie nell’aria
E le ombre
Le luci
Brillano con un nuovo colore
E alla tetra luce delle sue fiamme viola
Addirittura i contorni delle forme,
si sfumano
Ed è un inferno scorrere della corrente
E diventa un inferno cerchio di fiamme il nostro fiume
Quando plana il passero di fuoco sulle nostre teste
E il nostro torrente ardente attraversa i nostri giorni
E le fauci ci sembrano più terribili
E il tedio
L’angoscia
L’incertezza
Fanno una presa mortale della nostra carne
Ed ero io che dicevo di conoscere
Le trappole della quotidianità
L’abbraccio falso della notte
E il tintinnare senza ritmo delle mie mandibole nel freddo
Ed ero io che dicevo di conoscere
pefino questo fuoco che mi incenerisce,
l’angoscia
Il passero di fuoco:
la solitudine
il viso ardente del nulla
Lo schiacciante peso del vuoto
Porto mondi nelle mie tasche
Mondi ridotti foglie secche
Serpenti notturni diventati prime ore dell’alba
Porto pazzie nella mia bocca masticate
Pazzie diventate ghiaccio innominabile
Serpenti, fatti striscia eterea di cielo
Porto il mio mare di aromi
Mescolati nelle mie tasche
Porto una era intera di miracoli che si affollano nella mia bocca
aspettando che l’ombra si consumi nelle zanne del serpente
che gli aromi diventino mondo e il ghiaccio foglia secca e la foglia
verde
cielo
giorno
Il Passero di Fuoco
Ed ero io chi speso dicevo
Di conoscere già le fauci della bestia
La feroce faccia del tedio
Persino il vuoto e il viso di acciaio del nulla
Ma danza macabra a volte la realtà,
Assieme al passero di fuoco:
Incendi ceneri
Fiamme macerie nell’aria
E le ombre
Le luci
Brillano con un nuovo colore
E alla tetra luce delle sue fiamme viola
Addirittura i contorni delle forme,
si sfumano
Ed è un inferno scorrere della corrente
E diventa un inferno cerchio di fiamme il nostro fiume
Quando plana il passero di fuoco sulle nostre teste
E il nostro torrente ardente attraversa i nostri giorni
E le fauci ci sembrano più terribili
E il tedio
L’angoscia
L’incertezza
Fanno una presa mortale della nostra carne
Ed ero io che dicevo di conoscere
Le trappole della quotidianità
L’abbraccio falso della notte
E il tintinnare senza ritmo delle mie mandibole nel freddo
Ed ero io che dicevo di conoscere
pefino questo fuoco che mi incenerisce,
l’angoscia
Il passero di fuoco:
la solitudine
il viso ardente del nulla
Lo schiacciante peso del vuoto
domingo, 27 de febrero de 2011
Una Notte alla Interperie, Bimbo Interiore
Una Notte alle Intemperie
Mi guardano tre alberi grandi
E una altalena vuota
In mezzo al silenzio della piazza
Mi guardano
Come rami secchi di autunno
I giochi vuoti dei bambini
Tre alberi grandi
Cinque panchine verdi
Una quasi infinita cordigliera
E un adolescente ubriaco
che dorme nella notte fresca dell’estate
Piangendo nei sogni
Il sapore amaro del primo amore
Mi guardano
Tre cani randagi dall’angolo della strada
E un centinaio di stelle
Giusto prima dell’alba
Mi guardo dentro e profondamente penso
Che semmai un giorno qualsiasi
Che semmai un giorni qualsiasi questa notte alle intemperie
Che semmai un giorno qualsiasi il viso della ragazza che non mi ama
Saranno solo un ricordo brumoso e lontano
E non il dolore vivo di questi giorni
Chi si diluisce soltanto nella sbronza
Soltanto in una via dopo l'altra della notte di Santiago
Una notte che svanisce
Tre alberi grandi una altalena vuota
E un adolescente che cammina
Lontano in strada si sentono le prime macchine
Entro neanche un paio di ore
Cominceranno i primi autobus a passare
Bimbo Interiore
Mi portano dalle mani
Mi lascio trasportare in una soave stretta
Arrivo alle valli e ai fiumi
Alla terra dei sogni
Dove fra i salici mi aspetta,
l’abraccio del bimbo chi fui
Mi guardano tre alberi grandi
E una altalena vuota
In mezzo al silenzio della piazza
Mi guardano
Come rami secchi di autunno
I giochi vuoti dei bambini
Tre alberi grandi
Cinque panchine verdi
Una quasi infinita cordigliera
E un adolescente ubriaco
che dorme nella notte fresca dell’estate
Piangendo nei sogni
Il sapore amaro del primo amore
Mi guardano
Tre cani randagi dall’angolo della strada
E un centinaio di stelle
Giusto prima dell’alba
Mi guardo dentro e profondamente penso
Che semmai un giorno qualsiasi
Che semmai un giorni qualsiasi questa notte alle intemperie
Che semmai un giorno qualsiasi il viso della ragazza che non mi ama
Saranno solo un ricordo brumoso e lontano
E non il dolore vivo di questi giorni
Chi si diluisce soltanto nella sbronza
Soltanto in una via dopo l'altra della notte di Santiago
Una notte che svanisce
Tre alberi grandi una altalena vuota
E un adolescente che cammina
Lontano in strada si sentono le prime macchine
Entro neanche un paio di ore
Cominceranno i primi autobus a passare
Bimbo Interiore
Mi portano dalle mani
Mi lascio trasportare in una soave stretta
Arrivo alle valli e ai fiumi
Alla terra dei sogni
Dove fra i salici mi aspetta,
l’abraccio del bimbo chi fui
miércoles, 2 de febrero de 2011
Lupo, Piovono Giaggioli
Lupo
Il silenzioso peso del vuoto
è peggio della pelliccia di lupo della mia ombra
Ululo nell'ultima ora
Il tempo inquietante silenzio
è peggio della fessura oscura dell’eternità
Ululo nell'ora dell'ultimo grido
se ne va il mio ululare portato lontano nell'eco del abisso
Si sgretola la mia pelliccia marcisce la mia pelle nel fango
La immobile quiete della palude
è peggio della fredda carezza dell’infinito
parto da solo per questa caccia
parto da solo alla ricerca della mia vittima
mi perseguita il silenzio
predatore contro predatore
si conficcano le lune nella mia carne
sono le zanne della memoria
che strappano il velo dell’eterno
Ululo è l'ora della violenza
vado da solo nella mia caccia
Alla ricerca del riflesso della mia ombra
lasciando la mia pelle di lupo per la via
Il trascorrere silenzioso del tempo il peso sconvolgente del vuoto
sono peggio del segreto oscuro dell'eterno
vado da solo nella mia caccia
vado da solo sfuggendo all’animale
cacciatore e preda
nella giungla senza legge della memoria
Piovono giaggioli
blu pioggia di giaggioli
vieni tu melanconia
sentire come sabbia nella distanza
il suono soave della tua voce
sentire come rumore nel ventre
le onde successive della tua carezza
melanconia
naufragare
mare azzurrastro della melanconia
viene tu verde mio
ricordo mio
viene tu il suo viso
a riempire di aromi
la luce chiara del mio amore
il tatto verde del suo corpo
Piovono giaggioli
nostalgia
melanconia
oceano blu
la distanza
Il silenzioso peso del vuoto
è peggio della pelliccia di lupo della mia ombra
Ululo nell'ultima ora
Il tempo inquietante silenzio
è peggio della fessura oscura dell’eternità
Ululo nell'ora dell'ultimo grido
se ne va il mio ululare portato lontano nell'eco del abisso
Si sgretola la mia pelliccia marcisce la mia pelle nel fango
La immobile quiete della palude
è peggio della fredda carezza dell’infinito
parto da solo per questa caccia
parto da solo alla ricerca della mia vittima
mi perseguita il silenzio
predatore contro predatore
si conficcano le lune nella mia carne
sono le zanne della memoria
che strappano il velo dell’eterno
Ululo è l'ora della violenza
vado da solo nella mia caccia
Alla ricerca del riflesso della mia ombra
lasciando la mia pelle di lupo per la via
Il trascorrere silenzioso del tempo il peso sconvolgente del vuoto
sono peggio del segreto oscuro dell'eterno
vado da solo nella mia caccia
vado da solo sfuggendo all’animale
cacciatore e preda
nella giungla senza legge della memoria
Piovono giaggioli
blu pioggia di giaggioli
vieni tu melanconia
sentire come sabbia nella distanza
il suono soave della tua voce
sentire come rumore nel ventre
le onde successive della tua carezza
melanconia
naufragare
mare azzurrastro della melanconia
viene tu verde mio
ricordo mio
viene tu il suo viso
a riempire di aromi
la luce chiara del mio amore
il tatto verde del suo corpo
Piovono giaggioli
nostalgia
melanconia
oceano blu
la distanza
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